Li Keqiang, l’uomo nuovo per la Cina
Li Keqiang guiderà l’economia cinese per dieci anni. Sarà un’epoca di grandi riforme?
Quasi tutti abbiamo il ricordo di una decisione chiave che ha alterato l’andamento delle nostre vite. Li Keqiang ha ben chiaro quale sia stata per lui questa decisione. Nel 1982, talentuoso studente di giurisprudenza, ricevette l’offerta di una borsa di studio alla Harvard Law School. Deciso a tenerlo a Pechino, il corpo docente della Beida (o Peking University) gli fece una controproposta: diventare il leader, all’interno dell’ateneo, della Lega della Gioventù Comunista, la potente organizzazione che agisce a sostegno delle carriere dei giovani membri del partito. La decisione fu sofferta, anche perché i compagni di studi gli dicevano che sarebbe stato pazzo a rifiutare gli Stati Uniti. Ma dopo una settimana di riflessione, LI decise di rimanere.
Se avesse optato diversamente, forse oggi vivrebbe a Manhattan. Invece, è il nuovo Primo Ministro della Cina, e domenica scorsa ha tenuto la sua prima conferenza stampa. Per i prossimi dieci anni, Li guiderà l’economia cinese: si può ben capire perché il pubblico fosse in agguato per cogliere segnali della direzione che intraprenderà.
L’ascesa di Li Keqiang
Una delle domande a cui Li ha dovuto rispondere è stata proprio come sia riuscito a compiere questa scalata impressionante. In fin dei conti, proviene da una povera comunità rurale nella provincia di Anhui, e peraltro non ha mai approfittato delle connessioni altolocate che hanno aiutato altri a raggiungere posizioni prestigiose nelle gerarchie cinesi.
Ciò che lo distingueva dai suoi simili, tuttavia, era l’abitudine a stare sveglio fino a notte fonda, immerso nella lettura. Così che, quando le università riaprirono i battenti nel 1977, il suo punteggio all’esame di ammissione fu così alto da permettergli di accedere a un’università di prestigio come la Beida. Tra i migliori studenti della Facoltà di Legge, ottenne, grazie alla sua ottima conoscenza dell’inglese, l’ambito compito di curare la traduzione del volume di Lord Denning The Due Process of Law, un classico sul funzionamento dello stato di diritto nelle società moderne. Era la prima volta che un libro sul processo a norma di legge veniva pubblicato in cinese.
Una seconda decisione fondamentale da parte di Li fu quella, una volta ottenuta la laurea in Legge, di cambiare percorso e prendere un dottorato di ricerca in Economia, per il quale ricevette anche un prestigioso premio. I media hanno fatto notare come Li sia non solo il più giovane Primo ministro della Cina nel periodo della riforma, ma anche l’unico ad avere un PhD in Economia.
In seguito al dottorato, Li fu contattato dal partito per trattare di un possibile incarico provinciale. Contrariamente alle aspettative, si fece mandare nello Henan, una delle zone più povere, sovrappopolate ed ingovernabili della Cina. Insomma, un incarico che i più avrebbero visto come una punizione. E stava per rivelarsi tale anche per Li, a causa di uno scandalo provocato da un incendio in un nightclub nel 1998; tuttavia, la decisione di Li di dimettersi ne mise in luce il senso di responsabilità, tanto che la gerarchia di pechino finì addirittura per promuoverlo a Segretario del partito nella provincia: ruolo che gli consentì di lavorare all’industrializzazione della zona.
Fu però durante l’incarico successivo, nella regione di Liaoning, che Li prese la sua decisione più importante. Nominato Segretario nel 2004, si impegnò fin da subito per la costruzione di alloggi a prezzi contenuti, mossa che ritenne necessaria per aiutare le migliaia di lavoratori che avevano perso il posto alla chiusura delle imprese statali. Li lavorò fianco a fianco con gli imprenditori locali per incanalare i fondi su un massiccio programma edilizio, bloccando i loro profitti ma assicurando loro che non avrebbero subito perdite. Nel giro di tre anni 1,2 milioni di abitanti trovarono casa nelle nuove aree a costo limitato. Il successo del progetto, che mostrò le capacità di Li in ambito urbanistico, ispirò poi il programma presentato a livello nazionale dal premier Wen Jiabao.
Gli studiosi individuano due caratteristiche nella carriera di Li: innanzitutto, la sua ascesa nella gerarchia del tutto scissa da interessi privati. Quindi, il fatto che il titolo di dottorato, oltre alle competenze specifiche, gli abbia fornito la sicurezza professionale che mancava ad altre pedine della burocrazia: Li sapeva che, in caso di fallimento in politica, sarebbe diventato un professore universitario. Queste due considerazioni contribuirono a costruirne un’immagine come uno tra i politici più puliti in un sistema pieno di zone nebulose.
Un nuovo stile di governo?
Nelle due ore di conferenza stampa, ciò che più ha destato stupore è stato lo stile adottato da Li nel parlare. I giornalisti erano ormai abituati al linguaggio letterario del suo predecessore Wen, che amava rispondere alle domande affidandosi a citazioni dall’antica tradizione poetica cinese. L’approccio di Wen, al contrario, è considerato più alla mano, e il suo linguaggio più vicino a quello della gente comune. Come ha notato un reporter, «ha usato lo slang popolare per illustrare i punti del suo programma», e si è generalmente dimostrato «pragmatico e sicuro di sé». Secondo un altro osservatore, «l’aspetto principale è il senso pratico di Li. Niente poesia sofisticata, ma lo stile terra-terra di chi viene da una famiglia di contadini».
Addirittura, un giornalista è rimasto talmente impressionato dalla performance di Li da paragonarla all’oratoria di John F. Kennedy.
Quali sono stati dunque i punti chiave del suo discorso?
Li si è mantenuto sul pezzo, facendo capire fin da subito che la sua priorità sono le riforme economiche: «ho detto più volte che attraverso il riformismo si possono ottenere i risultati migliori per la Cina. Questo perché, nella nostra economia di mercato socialista, ci sono ancora margini di miglioramento. Ci sono ampi spazi per un maggiore incentivo alla produttività tramite le riforme, e c’è il potenziale affinché i benefici di queste riforme siano goduti dalla popolazione intera».
Li ha ammesso che gli interessi privati (che non specifica) possano operare per bloccare lo sforzo riformista, ma ha anche aggiunto che «per quanto le acque possano essere profonde, sapremo attraversarle, perché non abbiamo alternative».
Di fatto, Li ha perfino suggerito che il modello cinese di capitalismo statale debba essere ridimensionato: “dobbiamo lasciare al mercato e alla società ciò che essi sono in grado di fare come si deve». Gli opinionisti hanno osservato che questo atteggiamento potrebbe costituire la fine del guojinmintui («lo stato avanza, il privato batte in ritirata»).
Secondo Li, «riformismo significa ridimensionare il potere del governo. Trattandosi di una rivoluzione auto-imposta, richiederà grandi sacrifici. Il nocciolo del programma è la trasformazione delle funzioni del governo, la ridefinizione e razionalizzazione dei rapporti tra governo, mercato e società».
Come primo segnale, il nuovo premier si è impegnato a diminuire di un terzo i 1700 procedimenti che richiedono approvazione dal governo.
La sua formazione legale, inoltre, lascia fiduciosi gli opinionisti sul fatto che la costituzione cinese possa finalmente far rispettare a pieno lo stato di diritto. «Non importa chi tu sia o cosa tu voglia fare: non devi oltrepassare i limiti dello stato di diritto», ha detto Li alla stampa.
Ma ha anche affermato di voler ristabilire l’equilibrio dell’economia riducendo le esportazioni e gli investimenti di capitale e concentrandosi sul consumo domestico e su una crescita sostenibile.
Un altro punto su cui Li ha attaccato duramente è stata la questione ambientale, resa sempre più preoccupante dal fallimento del modello di crescita cinese. La stessa conferenza stampa è stata tenuta in un giorno in cui l’inquinamento era quasi insostenibile, creando addirittura una cappa di fumo su Pechino; a tale proposito, il premier ha ribadito che chi inquina sarà punito «senza alcuna pietà», come chi vende cibo contaminato.
E naturalmente, non è mancato il consueto appello per la lotta alla corruzione: «fin dai tempi più antichi, ricoprire incarichi governativi e fare i soldi sono sue percorsi inconciliabili. Il potere sarà esercitato in modo aperto e trasparente, in modo da tutelarci da qualsiasi abuso di potere. Un governo pulito deve partire da tutti noi».
Il punto di vista sull’urbanizzazione
Se il giusto processo è una specialità di Li, un’altra è sicuramente l’urbanizzazione, tema sul quale si è soffermato a lungo durante l’incontro con i media. Li ha cercato di distinguere tra due tipi di inurbamento: non ama l’idea che grandissime città come Pechino e Shanghai si allarghino ulteriormente. Piuttosto, l’urbanizzazione dovrebbe essere concentrata su città più piccole dell’hinterland, e presentarsi come un miglioramento generale delle condizioni di vita della popolazione rurale.
Si prevede che nei prossimi 15 anni in Cina 350 milioni di persone si spostino verso le città, e molti durante il decennio di carica di Li: «l’urbanizzazione è la conseguenza logica della modernizzazione. Per questo,vogliamo perseguire una nuova strategia di inurbamento, che abbia al suo centro i poveri. Sosterremo la creazione di posti di lavoro e l’erogazione dei servizi. Non si tratta di costruire città disordinate, ma di cercare un equilibrio tra città piccole, medie e grandi». Il tutto evitando che «i grattacieli coesistano con le baraccopoli».
Questa filosofia sembra del tutto coerente con il pensiero economico di Li: l’idea di trasformare i paesi in città medio-piccole dovrebbe infatti favorire il consumo interno, spostando l’asse dell’economia dall’attuale dipendenza dall’investimento di capitali e dall’esportazione.
Il verdetto
I blog sono stati invasi da post dopo la conferenza stampa di Li. Benché molti sembrino ottimisti, c’è ancora qualche dubbio sull’effettiva capacità di attuare le riforme più importanti: il suo discorso inaugurale, secondo gli scettici, sarebbe stato povero di dettagli, ma anche di accenni a politiche veramente nuove.
La posizione prevalente appare quella dell’attesa: solo il tempo ci dirà se Li può veramente cambiare le cose. Un tipico commento è stato: «riparliamone tra cinque anni». Uno dei commenti più significativi, tuttavia, è stato lasciato da una dottoressa: «mio marito aveva seriamente pensato di vendere tutti i nostri averi e cambiare paese. Dopo aver sentito la conferenza stampa del Primo Ministro Li, abbiamo deciso di crederci ancora una volta, e di vedere come vanno le cose».
Riusciranno Li e il suo capo Xi Jinping a ripagare tanta fiducia?